Tempo di gioco:
612 minuti
The red string club – recensione
È difficile trovare due giochi buoni di seguito , ancora più difficile trovarne di tipo “cyberpunk” (precedentemente ho recensito Virtuaverse).
In un mondo futuristico o forse semplicemente alternativo in cui l’uomo volente o nolente arriva alla completa informatizzazione, fino ad diventare transumanista, un mondo in cui la tecnologia è utilizzata per il potenziamento dell’uomo e non solo per ovviare ai deficit e ai problemi.
Il genere cyberpunk possiede in se dei temi comuni, l’informatica, i colori a neon a contrasto blu e viola, gli haker, il transumanesimo, e l’intelligenza artificiale, che spesso diventa il protagonista assoluto della trama.
Così come avviene in questo bellissimo racconto chiamato The red string club. Il protagonista è Akara, un androide intelligente creato da una mega corporazione la Supercontinental L.t.d. per aiutare l’uomo, in grado attraverso un progetto chiamato Social Psych Welfare (SPW) di effettuare un upgrade di tutti gli esseri umani, un upgrade in grado di cancellare la tristezza, la depressione, l’ira la violenza dagli uomini.
E tu sei un barista che vuole evitare che l’SPW abbia luce. Perché?
Come dice il personaggio principale Donovan: Non vorrei perdere la mia tristezza. La tristezza non è brutta. Ho avuto modo di assistere a innumerevoli forme di tristezza, proprio lì dove sei seduto. E può essere una cosa bellissima. Ci muove. Ci unisce tutti, ci fa pensare, desiderare.
E seduto al tuo bancone, lavorando da barista e broker di informazioni, servi drink “spirituali” ai tuoi clienti, mentre gli estorci informazioni attraverso la bravura delle tue affermazioni e domande.
Questo è in sostanza il gioco, ed è bello. È bello sentire la musica che coerentemente accompagna i personaggi, le emozioni, le situazioni, e concentrarsi per fare il drink perfetto, oltre che a comprendere appieno la persona che hai di fronte.
E ti senti un po’ speciale per tutto il viaggio, finché non si arriva all’epilogo, e ti senti piccolo, e non te lo aspettavi, perché avevi fatto tutto alla grande, avevi tutto in pugno invece no. Ma il gioco è sfacciato, ce lo annuncia sin dall’inizio, vediamo un personaggio cadere da un grattacielo, Brandeis: Mi chiedo quando il mio destino è stato segnato. Non mi sarei mai aspettato che la mia morte fosse così epica.
E tutto torna, una musica triste, una sensazione di malinconia, e che tutto sembra importante finché non perdi le persone che ami, allora non importa più niente. Le mega corporazioni, i piani malvagi, il mondo che si distrugge, conta solo passare gli ultimi momenti con la persona che ami, tutto il resto andrà comunque via.
The red string club, non è un giocone super tripla AAA (qualsiasi cosa voglia dire), è un gioco fatto in pixel art, che si può finire in poche ore, con un bellissimo tema, delle belle musiche e dei personaggi che rimangono anche dopo che se ne sono andati. E questa è l’unica cosa che conta.
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