Tempo di gioco:
1327 minuti
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Per prima cosa è opportuno chiarire cosa i potenziali acquirenti di questo gioco si troveranno di fronte. I Dontnod qui hanno deviato dal loro modello tipico di avventura narrativa verso un altro completamente diverso. Harmony assomiglia a una visual novel di stampo nipponico. Che cosa vuol dire? Essenzialmente non avremo il controllo di un personaggio, non c'è esplorazione, hotspot, inventario, documenti ma solo una catena ininterrotta dall'inizio alla fine di dialoghi. L'unica interazione è quindi tutta lì, nello scegliere cosa dire o non dire, il che coincide poi pressappoco col cosa fare e non fare. Anche l'impostazione grafica ricorda molto le avventure testuali giapponesi con i due personaggi parlanti ai lati dello schermo e sotto le linee di dialogo. Infine lo stile è inconfondibilmente quello degli anime giapponesi degli ultimi anni.
Quindi siamo in presenza di un gameplay a bassa interazione, da visual novel appunto, che per alcuni è ingiocabile, per alcuni piace caso per caso, per altri è una passione. A questo aspetto si associa poi un leggero elemento strategico-manageriale di cui parleremo più avanti ma prima: la trama.
Polly è una giovane donna che ha lasciato da tempo l'isola in cui è cresciuta con sua madre, quando le giunge la notizia della sua scomparsa e decide di ritornare per cercarla. Quasi immediatamente dopo il suo arrivo si ritrova catapultata in questo mondo parallelo legato al nostro, abitato da queste entità che rappresentano le aspirazioni primigenie dell'umanità come Gloria, Potere, Gioia... Polly, in quanto capace di viaggiare tra i due mondi, ha lo scopo di guidare l'umanità e ogni sua decisione rafforzerà un aspirazione piuttosto che un'altra avendo quindi un impatto su entrambi i mondi.
Va detto che la mitologia che c'è dietro non è proprio originalissima. Ci sono parecchie somiglianze con Dreamfall:The Longest Journey: due mondi collegati tra loro, ciascuno con un nome mistico (Brittle e Reverie come Stark e Arcadia); c'è un equilibrio tra i due mondi da preservare e un prescelto che deve occuparsene (un Oracolo, come il Guardiano di D:TLJ); e infine Reverie che è simile ad una specie di "BIOS" della razza umana un po', come in Dreamfall, il "Tempostoria" per il cosmo in generale. La trama però è abbastanza interessante a meno di non avere totale avversione per il genere fantastico, ma certamente non è il caso di chi si sofferma sull pagina steam di questo tipo di gioco.
Tornando però alla questione dell'aspetto manageriale, Polly quando prende una decisione che rafforza una determinata Aspirazione, colleziona un cristallo corrispondente. Questi cristalli, oltre a rafforzare un'Aspirazione permetterà anche di sbloccare determinati percorsi o perfino di prevederli. Quindi avremo due possibili stili di gioco (anche combinabili tra loro). Il primo è di scegliere in base alla contingenza del momento senza pensare alle conseguenze degli sbocchi futuri o delle Aspirazioni che andremo rafforzare. Il secondo è di cercare di pianificare la nostra condotta anche prendendo decisioni che normalmente sentiremmo lontani dalla nostra sensibilità o da quella della stessa Polly, ma che ci porteranno alla fine dove avremo pianificato di essere.
L'albero delle scelte -l'Augurale come viene chiamato- è molto intricato e spesso poco chiaro su come gestirlo, anche a causa di un tutorial forse un po' superficiale. Inoltre la sensazione è che i bivi narrativi siano in realtà abbastanza illusori e che alla fine comunque riportino a degli sbocchi obbligati. Più che di bivi narrativi sarebbe più giusto parlare di risoluzioni alternative tra loro. Tipo: stordisci la guardia, aggirala o corrompila ma comunque devi passare dalla sua porta. Anche i finali -solito, vecchio problema- non te li guadagni giocando ma te li scegli alla fine con tutto comodo. L'unico che forse va guadagnato (dovrò rigiocare per controllarlo) è quello che ha a che fare con le Aspirazioni che avremo favorito più di altre. Non hanno neanche creato cut-scene diverse per i vari sbocchi; di sicuro per i due sbocchi alla fine del primo atto, che ho controllato, la cut-scene introduttiva è la stessa. È un peccato perché le cut-scenes sono gli unici momenti dinamici di un avventura graficamente molto statica e andavano secondo me potenziati in numero e diversificazione.
Sempre rimanendo poi sull'aspetto grafico ci sono alcune scelte un po' sconcertanti. Lo stile dei personaggi sia nelle cut-scene che nei dialoghi è quello, come ho già detto, degli anime giapponesi, ben disegnato, colorato e animato; non si capisce perché per i fondali dei dialoghi si sia optato per un 3d, abbastanza bruttino tra l'altro, che fa a pugni con gli assets dei persoanggi. Altra cosa strana è l'uso di fondali estranei al contesto come l'esterno di un edificio quando si è all'interno da un pezzo, o l'uso del fondale "vuoto" quando si è in un luogo chiaro e definito. Errori, mancanza di tempo e fondi? Certo è che come scelta stilistica è completamente incoerente, se non di cattivo gusto, e non credo che i Dontnod siano nessuno dei due.
Un avviso a chi non è di madrelingua inglese è di prepararvi perché l'inglese non è semplice; hanno deciso di utilizzare quello statunitense e per di più è stato inserito, non si capisce bene perché, il Them/They (Loro/Essi) al posto di His/Her/Him/Her (Lui/Lei) per riferirsi ad alcuni personaggi, evidentemente per rimarcare la loro non binarietà di genere, che però graficamente e uditivamente appare molto chiara. A mio avviso quindi una decisione assolutamente superflua e che spesso crea dialoghi che mandano in confusione il giocatore non capendo bene di chi si stia parlando, se di un gruppo o di un singolo.
Le musiche che di solito i Dontnod hanno sempre curato molto bene, spiace dirlo qui sono limitate a pochi temi e di una piattezza unica. Praticamente è come se non ci fossero. Niente da dire invece sulla recitazione dei doppiatori, ottima e professionale.
Concludendo. Io credo che i Dontnod abbiano voluto tentare qualcosa di nuovo e allontanarsi finalmente dalla loro area protetta dove hanno creato Life is Strange. Viene il sospetto che il motivo abbia però più a che fare con questioni di bilancio, che creative. Il gioco è infatti auto-prodotto. Forse i Dontnod volevano qualcosa di più gestibile e semplificato sul piano strettamente tecnico. Già il fatto di essere passati da un ambiente 3d a uno 2d a sfondo quasi fisso è certamente una grossa semplificazione tecnica, basti pensare ai problemi di illuminazione, modelli poligonali, visuali della telecamera, ecc.... Anche la scelta di combinare l'aspetto narrativo delle scelte con quello strategico della raccolta dei cristalli sembra un po' impacciato, come un tentativo in extremis di proporre un gameplay che non si limitasse alla visual novel giapponese tradizionale. Il gioco regge grazie ad una storia che ti porta a voler sapere come va a finire e a dei dialoghi ben scritti. Sono fondamenta abbastanza traballanti di una produzione che da una parte sembra voler osare, dall'altra sembra bloccata da esigenze di bilancio e tempo.
Concludendo davvero: Vi deve piacere giocare alle avventure testuali, almeno sporadicamente; dovete sapere bene l'inglese (occhio al pronome Them/They); dovete accettare di non trovare la classica avventura Dontnod. Altrimenti lasciate perdere o aspettate almeno un forte sconto.
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