Tempo di gioco:
145 minuti
E' difficile trovare sul mercato un titolo così radicale come Proteus, e questa sua conformazione si porta dietro tutti i pro e i contro del caso. Sviluppato in un primo momento da Ed Key come RPG non-violento incentrato sul concetto di "missione", Proteus diventa in seguito all'arrivo di David Kanaga (e alla realizzazione dell'effettiva limitatezza dei mezzi economici degli sviluppatori) una sfida a sfrondare il più possibile l'idea di "videogioco", fino a scovare con un estremo metodo a sottrazione le forme più pure, più "nude", dell'interazione. Proteus può essere definito la matrice di tutti gli "walking simulator": non troverete ad accompagnare la vostra esplorazione né trama, né accenni di piattaforme, né puzzle elementari, né tantomeno oggetti con cui interagire "attivamente" (intendendo tramite premeditata selezione e conseguente input). In Proteus giocare è "esserci". La nostra presenza determina il mondo, acusticamente e cineticamente: noi siamo la coscienza che quantisticamente determina l'onda, e la conformazione della materia. La casualità probabilistica delle realizzazioni è in realtà in Proteus un atto di generazione procedurale, ma splendidamente inserito in un quadro di metafora di vita. Per quanto le situazioni possano essere diverse e la "morfologia" del nostro campo osservabile desueta, l'esistenza è composta dagli stessi pochi elementi. E l'unico elemento soprastante, incondizionabile (se si considera il vortice puro espediente ludico), è la quarta dimensione del tempo, atmosferico e della crescita. Significativo è l'inizio primaverile in cui ancora si deve "entrare" nel nostro campo di decisioni (il gioco inizia lontano dall'isola, nel mare); splendido è il valore attribuito all'autunno, che mettere in risalto l'importanza dei penultimi atti negli esseri finiti, i più magici, nebulosi, ma al tempo stesso dinamici e capaci di generare: autunno già tristemente, ma ancora in un certo senso ottimisticamente, capace di visioni sull'ultimo inverno. Il finale è l'unica chiave di interpretazione che Proteus fornisce al giocatore, che si identifica alla fine in un essere fatto di pura osservazione, il cui ciclo si conclude al termine degli elementi stessi da osservare. Proteus si giova estremamente del fatto di non avere metri di paragone. Essendo un concept game pressoché unico nel suo genere, valutarlo in modo diverso da "positivo" equivarrebbe a non valorizzare a sufficienza simili lodevoli esperimenti: ciò non vieta che ci siano in Proteus dei forti limiti che minano profondamente l'esperienza di gioco. L'idea di base dell'interazione passiva è troppo poco sviluppata per la pretesa di durata "base" che ha il gioco. Sebbene la durata delle giornate possa essere cambiata manualmente dal menu, il piano originale prevede 15 minuti che, soprattutto nelle stagioni più "vuote", tendono a diventare tediosi. E pensare che sarebbe bastato aprire un poco di più il rubinetto del linguaggio figurato per far fluire un più costante "effetto meraviglia". Lo stile pixel art è adatto a sorprendere per le scelte coloristiche, ma non aiuta a fornire un aspetto di consistenza. La colonna sonora creata "passo passo" è avvolgente e si fonde perfettamente con gli effetti ambientali, di una profondità ancestrale: sfido chiunque a dimenticarsi in fretta i corni seguiti dal fruscìo del vento passando accanto alle lapidi. In definitiva Proteus è un bell'esempio di "gioco a tema". Tuttavia, la componente ludica ridotta all'osso non è supportata da una sufficiente varietà dei contenuti, e resa dunque in parole molto povere noiosa. Questa constatazione è aggravata dal fatto che risulta deleteria alla trasmissione dello stesso messaggio di fondo: il giocatore ha l'impressione che la nostra semplice presenza nel mondo possa muovere ben poco. Coinvolgente ma distaccato, commuovente ma giocherellone, Proteus è senza dubbio più adatto a chi si interessa al videogioco come mezzo d'espressione che non a quelli che cercano una buona esperienza videoludica in sé.
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