Tempo di gioco:
240 minuti
6180 (vi risparmio la fatica di andare a vedere le discussioni: è il tempo impiegato in secondi dal team di sviluppo per creare la prima versione del gioco) the moon è un platform a livelli a progressione lineare sviluppato da un team sudcoreano. Dal momento in cui la meccanica principale consiste nel giostrarsi tra i due bordi orizzontali dello schermo che risultano collegati da un unico andamento gravitazionale, il titolo sconfina anche con fare molto cauto nel rompicapo di fisica. L'immaginario che sottosta alla trovata di gameplay è quello astrale del ciclo perpetuo delle fasi del giorno, visto come movimento ondulatorio in cui sorgere e calare si confondono. Non potrà non saltare all'occhio che 6180 ha fatto decisamente scuola con l'ottimo The sun and moon, che ne riprende temi "di superficie" e genere spingendo però assai di più sul senso di "sfida dell'impossibile", tanto da essere decisamente classificabile con la sfuggente etichetta di "impossible platform". 6180 ha dalla sua un messaggio che vuol essere decisamente più esplicito: tutto il corso del gioco è collegato linearmente da una storia narrata tramite dialoghi tra stelle, pianeti e satelliti. I toni sono fiabeschi, ma 6180 riesce a sostenere un livello metaforico tutt'altro che originale ma godibile e percepito in qualche modo come "necessario" (per un esempio di fiaba fine a se stessa, potete leggere la mia recente recensione di Moonlight). Quello che sto recensendo è un gioco dai toni profondamente junghiani. Tutto ruota intorno all'idea del valore dell'oscurità, all'accettazione di questa da parte di se stessa e da parte della luce. La luna si sente in qualche modo sfruttata dall'umanità che le chiede insistentemente di portare indietro il sole, caricandola di responsabilità e al tempo stesso ammettendo di preferirle il giorno. Ma è a lei che l'uomo rivolge le sue preghiere, non al sole. E' lei che si muove in un viaggio vorticoso, non il sole. E' lei che il sole deve ringraziare se l'uomo lo apprezza, perché non può esistere gioia della luce senza uno stacco chiaroscurale netto. Traslando queste immagini in termini psicologici si ha una bella immagine di equilibrio e di unità, rafforzata dallo sfondamento della differenza alto/basso all'interno dello schermo. Il bilanciamento delle parti riesce a mantenere vivo un Taijitu spaziale in cui chiudere il ciclo è faticoso, ma sereno: assai ben collocato è il riferimento a Armstrong verso la fine del gioco, che diventa simbolo della vita effimera dell'uomo. Al di là della struttura contenutistica, 6180 non riesce a impressionare particolarmente nella direzione artistica o nel level design. Sebbene le idee siano ben variate e distribuite, l'atmosfera rimane fin troppo serena e la trovata della seconda metà del gioco non sempre regge un principio di difficoltà crescente. La durata (circa un'ora e mezza) risulta veramente troppo limitata, lasciando il giocatore desideroso di vedere cluster ambientati sugli altri pianeti del sistema solare: questo è il risultato di aver costruito una storia il cui climax non corrisponde a un corrispondente picco di complessità a livello di struttura di livelli. Il comparto sonoro è molto coerente con l'atmosfera creata, sulle dolci noti di una melodia dell'io intimo. Tuttavia non riesco a non fare un paragone con la trovata della traccia unica in The sun and moon: ancora, scelta diversa per fini diversi, ma devo dire che sono stato rapito maggiormente da quest'ultima idea. In definitiva 6180 the moon è un'esperienza molto rilassante, sia a livello epidermico che psicologico. Il suo fine ultimo è far vedere la positività nel buio, ed integrarlo in un senso di unitarietà cosmica che, se percepita, può risollevare anche gli animi più feriti. A livello ludico puro consiglio tuttavia di guardare anche (e forse con più attenzione) il suo "figlioletto" più volte menzionato in questa recensione.
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